Tunisia 2004

DIARIO DI VIAGGIO

Vacanze di Natale in moto (sembra il titolo del prossimo film con Boldiedesica): sembrava che l'unica opzione praticabile fossero le piste spagnole ed invece siamo andati ad assaaggiare un altro tipo di "pista".
Disponendo di una moto, la "piccola" F650GS, vagamente adatta a percorsi come quelli che mi ero figurato (principalmente asfalto ed occasionali puntate off-road). ed avendo la sponda africana del Mediterraneo relativamente a portata di mano, ci siamo programmati un po' all'ultimo minuto (un mesetto) una gita in Tunisia.
In verita' la moto non era proprio "pronta" (e probabilemente non lo sara' mai), per cui in breve ho provveduto a cambiare le gomme con un paio meno spudoratamente stradali, ad ggiungere un portapacchi Givi e a cambiare il manubrio originale in ferro con uno in ergal con il contorno di un paio di onesti paramani.


Lo sbarco a Tunisi: freddo e pioggia
Il viaggio da Cagliari in nave  e' stata una prevedibile odissea con un totale di 27 ore di mare mosso, compreso uno scalo a Trapani a dir poco grottesco: tutti giu', moto compresa, per tre ore, sotto un'acqua impietosa, per controllare i passaporti e compilare una certa fiche per il controllo dei passaporti. Naturalmente nessuno sapeva nulla di questo cartoncino che bisognava ritirare allo sportello della polizia di confine ma che avrebbero ben potuto darci in nave (come avvenuto al rientro).
Per la cronaca, a Trapani mi accorgo che i pantaloni in cordura "Water-Proof" sono impermeabili come la carta.
Lo sbarco a Tunisi, ormai alle 22.00 passate, e' stato complicato da formalita' doganali tendenti al grottesco per noi (sei, leggasi SEI, controlli del passaporto prima di varcare l'area doganale), mentre per i Tunisini aveva del vessatorio, con i doganieri che costringevano i guidatori di automobili stipate all'inverosimile a smontare sistematicamente il loro bagaglio.Dopo circa un'ora, cioe' a tempo di record, arriviamo in citta' e prendiamo alloggio in un dignitoso hotel a due stelle in centro, con la moto parcheggiata al coperto poco lontano.
Il 2003 e' stato per noi l'anno delle vacanze anomale: caldo soffocante in Normandia, invece del fresco atlantico che era legittimo aspettarsi; freddo e pioggia in Africa, invece del clima mite che si poteva sperare.
Cosi', a Tunisi al mattino piove e tira un vento gelido. Decidiamo di capovogere il nostro itinerario programmato e partire da subito verso sud in direzione delle piste desertiche...

In fuga dal freddo: verso sud
Partenza con calma: troppo freddo al mattino presto e necessita' di ricomprare la carta stradale, dimenticata a casa.
Si inizia con un po' di autostrada. Si', be': "autostrada" e' una parola grossa, ma va bene lo stesso. Si va veloci e c'e' poco traffico, anche se le pecore pascolano a bordo strada e spesso i pedoni attraversano velocemente la strada. Macchine e fetidi camion circolano rispettosi anche dopo che l'autostrda termina presso Sousse. All'ora di pranzo facciamo sosta a El Jem, dove facciamo tappa visitando il magnifico anfiteatro romano.
Continuiamo verso sud sulla nazionale. La strada attraversa per chilometri e chilometri oliveti a perdita d'occhio. Siamo in piena campagna oleicola ed e' fortissimo l'odore delle sanse, nonostante il casco piu' che chiuso per il freddo. Sembra che a lavorare siano solo ragazzini e donne, tutte "velate" ma con vestiti coloratissimi; forse che i maschi adulti sono tutti al caffe'? Piu' probabilmente sono sparsi in giro per il mondo a lavorare.
Ai margini della strada sono frequenti le macellerie-rosticcerie: si riconoscono per le pecore squartate appese fuori e il barbeque che fuma; in alcuni casi, sotto alla pecora squartata, un'altra attende il proprio turno mentre il macellaio provvede a sgozzarne un'altra. Gente schietta i Tunisini, mica come noi che affidiamo a impersonali macelli ed allevamenti industriali la nostra dose di proteine animali... Ancora seguendo la nazionale lungo la costa giungiamo a Gabes all'imbrunire, dove facciamo tappa in un pretenzioso quattro stelle vicino al mare (ha guadagnato una stella e un po' di dinari dopo la redazione della nostra guida, ormai un po' datata).

Gli ksour
La mattina dopo l'avvicinamento puo' dirsi terminato e iniziamo il nostro itinerario con una splendida giornata di sole. Facciamo due chiacchere con una guida di 4x4 che ci dice che a Ksar Ghilane, la famosa oasi, tappa obbligata del turismo desertico, il termometro e' sceso a -2! Alla faccia della torrida Africa... La strada finalmente comincia a salire verso l'interno ed i paesaggi cominciano a farsi sempre piu' belli, letteralemente "tagliati" dalla luce. Arriviamo a Matmata e visitiamo le case sotterranee, tra le quali un albergo "Star Wars". Con il pretesto di "Guerre Stellari" in questa parte della Tunisia ti fanno visitare diversi posti, comunque divertente.  Ci spostiamo adesso verso Tataouine (che per fortuna non toccheremo e di cui sentiremo solo parlare malissimo da piu' di un gruppo di visitatori) e percorriamo una spettacolare strada di montagna, prova generale della guida off road a causa di un interminabile cantiere. Bellisssima Toujane, villaggio berbero di montagna dove ci si vorrebbe anche fermare, ma le botteghe acchiappaturisti hanno su di noi un effetto fortemente repellente. Stiamo finalmente attraversando la regione degli ksour, i villaggi-fortezza, arroccati in cima alle colline. A Ksar el Hallouf sbuchiamo nella piazza su cui si affacciano le ghorfa (i cubicoli-granai) e ci viene spontaneo girare la chiave per scendere a motore spento come per rispettare il suono del vento. Anche gli altri turisti sembrano condividere con noi questa impressione e tendiamo a muoverci tutti con discrezione e quasi a parlare sottovoce. Una stanza e' stata attrezzata come rustico "bed & breakfast" per pochi dinari ma pulito. Ripartiamo dopo pranzo e raggiungiamo un altro ksar che sapevamo ristrutturato ad albergo (Ksar Hadada, altro sito "Star Wars") ma e' desolatamente abbandonato, per cui, ormai all'imbrunire, recuperiamo un altro albergo, un piccolo complesso turistico a tre stelle tra Ghomrassen e Tatouine, di nome Dakyanus. Siamo preoccupati per il traffico del capodanno, ma alle dieci e mezza, spenta la luce, ci addormentiamo fulminati mentre nel lontano salone danzano alla musica del piu' triste complessino che ci sia mai capitato di sentire (fa un certo effetto sentire la tastiera che emette motivetti campionati in stile arabo invece del solito tunz-tunz-tunz).
Buon anno  a tutti!

Pista!
La notte ha piovuto ed il 2004 si apre con la consapevolezza che il deserto ci attende! L'adrenalina sale ma cominciamo la giornata in tutto relax proseguendo il giro degli ksour. Visitiamo lo Ksar Ouled Soltane, a detta di tutti, e meritatamente, il piu' bello e meglio conservato. Ci fa da guida un ragazzo con un braccio solo che ogni tanto si offre di prendere la macchina fotografica e scattare una foto a me e Claudia assieme. Resto colpito dalla disinvoltura con la quale maneggia la pesante reflex...
Proseguiamo il giro senza fermarci a vistare le ghorfa di Ezzara, che pure meriterebbero, e puntiamo verso Chenini, altro spettacolare villaggio berbero. Si mangia in un "pranzificio" per turisti che mi ricorda molto certi rifugi di valico delle nostre Dolomiti: umido e caldo di minestre fumanti, finestre panoramiche dalla parte sbagliata, gabinetti ridotti a cessi dopo il passaggio di qualche comitiva poco rispettosa (chi sono i "selvaggi", ci siamo chiesti piu' di una volta...). Le comitive di 4x4 vanno e vengono senza soluzione di continuita': dobbiamo essere vicini alle piste!
Lasciamo i caschi e la borsa del serbatoio al ristorante e saliamo al villaggio. I villaggi berberi sono costruiti in fango, pietra e tetti di palma; si stanno sciogliendo anno dopo anno con le piogge invernali e, finche' durano, saranno una dei piu' affascinanti punti del paese maghrebino.
Il tempo vola e cominciamo ad avere fretta: non oso pensare a cosa possa succederre se il buio dovesse prenderci in mezzo al deserto!
Deserto.
Che parola! Usata a sproposito: "e' un luogo deserto"; "avere il deserto intorno", ecc.. E' gia' impressionante la steppa infinita che lo annuncia, con la sabbia che piano piano si mangia tutto. Ma quando si arriva li', avviene d'improvviso e potrebbe esserci un cartello che dice "Procedere con cautela: Fine del mondo a 50 metri".
Non posso nascondere l'emozione all'imbocco di questa pista: e' pomeriggio inoltrato, le ombre si allungano, non c'e' nessuno in vista e dobbiamo spicciarci.
La pista all'inizio sembra una banale sterrata come ne ho fatto di peggio anche con l'Erreesse. Tutto qui? Dopo un po' devo ricredermi quando iniziano le infernali ondulazioni spaccatutto. Dove si puo' cerco di andare piu' spedito che posso ma presto comincia a vedersi la sabbia, per fortuna resa compatta dalle piogge degli ultimi giorni. Rallento, butto giu' la prima e mi infilo deciso nei solchi lasciati dai 4x4, Qualche volta devo far scendere Claudia e rimpiango di non avere altri compagni di viaggio in moto con i quali incoraggiarci a vicenda e tentare qualche "numero" sulla sabbia, ma la prudenza da soli e' d'obbligo! La sabbia invade sempre piu' spesso la pista e comincio a preoccuparmi per i tempi. A un certo punto, in lontananza, intravedo quello che sembra una capanna: non e' un miraggio, e' il Cafe' des Nomades, un bel riferimento a meta' del percorso per l'oasi. Il tizio al Cafe' ci costringe letteralmente a scendere dalla moto per rinfrancarci e ci tranquillizza sulle condizioni della pista, un po' troppo sabbiosa in quest'ultimo tratto. Vorrei fermarmi di piu', ma il tempo vola e non siamo attrezzati per bivaccare (peccato, scopriremo poi...).
Comincio a prendere confidenza con l'ambiente e intanto ci supera una comitiva di tedeschi; corrono come se avessero il diavolo alle calcagna, ma in verita' hanno solo i mezzi di appoggio che li attendono a Ksar Ghilane. Spesso la pista si confonde nella sabbia e partono diramazioni sospette, forse campo di gioco per i 4x4. Arriviamo ad una duna taglaita, ultimo ostacolo prima del gasdotto, la pipeline che taglia da nord a sud il deserto tunisino. Claudia scende ed io parto sperando di non insabbiarmi a meta' strada, ma tutto va per il meglio e proseguo per un buon tratto allegramente in mezzo alla sabbia. Vroooummm!!! Bravo questo Giessino!
Sono le 17.00 quando giungiamo a Ksar Ghilane. L'oasi e' annunciata dalle baracche dei nomadi (o, a questo punto, ex tali), una specie di povera periferia dell'oasi riservata ai ricchi turisti stranieri ed ai privilegiati che ci lavorano.
Che si puo' dire di Ksar Ghilane? Valeva la pena? E' giusto tutto cio'? Turismo di massa nel deserto. Turisti in maglietta che trascinano valige trolley nella sabbia; altri (tra)vestiti da nomadi con turbante d'ordinanza e cappottone berbero (e ci credo: sono arrivati qui in sandali e maglietta; non hanno studiato a scuola che nel deserto il clima e' "desertico"?); proteste perche' le tende non sono climatizzate (!); bambini che sguazzano nella piscina termale calda; foto ricordo con cammello esposte alla reception; gente parcheggiata al bar in attesa della cena; babele linguistica e (prevalente) guazzabuglio di accenti italiani. Dovevo arrivare fin qui per trovare un campeggio come ce ne sono a dozzine tra Olbia e Alghero?
Intanto il tempo passa aspettando che ci trovino un posto in una tenda (c'e' il rischio di finire nella tenda berbera: attrazione per i turisti, trappola gelida se ci devi dormire "dentro", dato che il concetto di "dentro" in una simile struttura e' piuttosto aleatorio). Alla fine (sono passate tre ore dal nostro arrivo) ci dicono che possiamo condividere una tenda da 8 con una coppia di italiani. Scopriremo poi che questi erano del tutto ignari di questa aggiunta e, chiarito l'incidente diplomatico con un po' di imbarazzo da parte nostra per l'involontaria figuraccia (peraltro intera responsabilita' degli avidi e pasticcioni gestori del campeggio), riusciamo ad avere la nostra tenda, insperatamente esclusiva. Alla fine, meritato riposo nel saccopiuma e buonanotte al gelo ed ai turisti in pigiama...
Grigia mattinata. Facce di turisti stravolte e acciaccate per la notte gelida. nube tossica di 4x4 che scaldano i motori.
Controllo alla moto, grasso alla catena e giro dell'oasi. Ci fermiamo a chiaccherare con un ragazzo in costume berbero che parla un disinvolto italiano (ma lui assicura che parla meglio il tedesco, il tutto senza scuole...): e' uno dei "privilegiati" che lavorano nell'oasi, nel suo caso accompagnando a cavallo i gruppi dei turisti.
Il tempo e' grigio ed il deserto mi sembrava piu' bello da lontano...

Chott el Jerid
Lasciamo Ksar Ghilane percorrendo verso nord per la pipeline lungo la pista spaccatutto: 80-90 all'ora sulle ondulazioni, con 4x4 assatanati che vanno e vengono, sabbia ogni tanto e rumori dei piu' preoccupanti. Grado zero del divertimento. Arrivati sull'asfalto penso di essere finalmente al sicuro e di andare rilassato, quando una macchina "spara" un sasso che mi colpisce alla gamba: nonostante le protezioni fa un malebbestia! A Douz mi fermo a fare rifornimento e scopro di avere perso uno dei supporti del parafango posteriore che si e' portato via anche una staffa saldata al forcellone. Dato il trattamento piuttosto violento (per usare un eufemismo) di questi ultimi 200 chilometri non mi posso lamentare! Dopo pranzo abbandoniamo volentieri questa brutta citta', "crocevia del deserto", come e' pomposamente definita nei depliant dell'ufficio turistico: a quasi tutti gli incroci si trovano monumenti in cemento che celebrano questo e quello. Tra gli obbrobri piu' rimarechevoli il cammelliere a spada sguainata e l'inquietante parcheggio di dromedari al bordo del deserto (il "bordo del deserto" e' un muretto in pietra con le panchine rivolte rivolte in modo da dare le spalle al deserto...).
La strada che percorreva la squallida periferia di Douz adesso si tuffa dentro una palmeraia: uno spettacolo verde che finisce sulla famosa Nazionale 16 che attraversa i laghi salati, lo Chott el Jerid. Il sole e' sceso sotto il livello delle nuvole e illumina di una straordinaria luce radente gli specchi d'acqua nei quali si riflettono le montagne color ocra. E' un continuo fermarsi e ripartire per fare foto ed arriviamo a Tozeur e quindi a Nefta con la prima oscurita'. Alloggio in un mattonificio ristrutturato, l'hotel Marhala, di proprieta' del Touring Club Tunisino, passabile trestelle che non vale il giudizio entusiastico della nostra guida.

Chott el Ghafsa
La mattina il tempo e' splendido e si parte, per una volta a moto scarica, per il famoso giro del villaggio di Guerre Stellari. Approfittiamo delle precise coordinate riportate sul gps e ci lanciamo disinvolti su una pista facile, pur con qualche piccola duna. In breve arriviammo al villaggio. Qui spuntano dal nulla venditori di collanine spudoratamente plasticose ("fatte a mano"; si', vorrei proprio vederla la sua mano nella plastica fusa... satira!!!) e l'immancabile, non richiesta, guida per il sito. Abbiamo il tempo di visitare il villaggio e abbandonarlo appena arriva la solita comitiva di 4x4. Il clou del percorso deve ancora venire. Una gigantesca duna li' vicino sembra "pettinata" dai fuoristrada che si lanciano in discesa dalla sua sommita'; sommita' a sua volta dominata da un dromedario accucciato cosi' immobile da parere finto e simile ai tori del brandy tipici del paesaggio stradale spagnolo.
La pista corre parallela al bordo meridionale dello Chott el Ghafsa ed ogni tanto qualche divertente deviazione ci permette di affacciarci a vedere il panorama. In una di queste e' segnalato un Cafe' ai piedi della "testa del dromedario", una spettacolare roccia che sembra effettivamente il gibbuto animale accucciato a godersi il panorama. La pista va veloce e comincia a salire finche' si impenna e... precipita nel nulla!!! Mi attacco ai freni giusto in tempo per non saltare di sotto e mi godo, un po' con il cuore in gola, il panorama spettacolare da questo trampolino per fuorstradisti fuoriditesta. Con le orecchie basse torno indietro per un te' alla menta al Cafe' di prima. Si chiacchera in francese con un cordialissimo ragazzo che ci intrattiene mentre mamma prepara il te'; i fratellini girano intorno con maschere e cotillion regalati da qualche fuoristradista passato prima di noi; un altro fratellino tenta di far partire un Motobecane che sembra tirato fuori da una discarica e in breve mi trovo coinvolto a "giocare" al meccanico con l'impianto elettrico di quel rottame. Purtroppo ho lasciato in albergo parte degli attrezzi dove tengo del cavo elettrico d'emergenza, ma riesco ugualmente a sistemargli un po' di cose ed alla fine gli regalo il nastro isolante. Noi ce ne andiamo con i sorrisi cordiali di questa allegra famigliola e qualche rosa del deserto in tasca che ci hanno voluto regalare per forza.
Usciti dalla pista (sempre piu' spaccatutto) passiamo a ridosso di una palmeraia e decidiamo di visitarla per vedere da vicino il sistema di coltivazione e di irrigazione delle oasi. Ci fermiamo a vedere un orto e sbuca un "giardiniere" che ci invita ad entrare. La comunicazione e' elementare, ma ci offre generosamente il te' alla menta e
 sale su una palma a raccogliere dei datteri che ci offre e che assaggiamo con una certa trepidazione; sono pero' cosi' dolci e "belli" per come li abbiamo ricevuti che non avrei mai potuto rifiutarli per nulla al mondo. Fotografie, bonbon, stilo', sorrisi e strette di mano e ripartiamo verso Tozeur. Passiamo a ridosso di un aeroporto fantasma dove riposano due Jumbo abbandonati, presenze decisamente fuori luogo. Mentre il cielo ingrigisce (ma non e' proprio grigio, sembra il colore della sabbia che viene dall'Algeria e che piano piano si sta mangiando la Tunisia) rientriamo a Nefta per visitare la Corbeille, la grande conca, interamente occupata da una palmeraia, al margine settentrionale della citta'. Un giovanotto si avvicina e si propone come guida. Si vede che non abbiamo scelta e giriamo con lui. Parla molto bene l'italiano e ci spiega la tecnica di coltivazione dei datteri e i cicli di coltivazione all'interno delle palmeraie che iniziano dopo la raccolta dei datteri nella stagione invernale. La Corbeille un tempo era solcata da canali e vi era un laghetto termale (si percepisce sempre un caratteristico odore sulfureo), ma adesso, pare, gli alberghi stanno captando le sorgenti e le palme stanno addirittura seccandosi! Ripenso alla mia doccia della sera prima...
Torniamo in albergo a raccogliere i bagagli e ripartiamo in direzione delle oasi di montagna, quelle montagne che vedevamo dal giorno prima brillare al di la' dello Chott. Il sole spunta di nuovo da sotto le nuvole mentre attraversiamo lo Chott el Gharsa e siamo ancora piu' conquistati dai giochi della luce al tramonto. Il sole cala quando saliamo al valico che separa Tamerza da Chebika (che purtroppo attraversiamo velocemente). Siamo senza parole e... senza pellicola! Ci siamo fatti fuori piu' di un rullino al giorno e adesso dobbiamo comprare quello che si trova per strada.
Ci fermiamo in un "Palace hotel", un bel quattrostellelusso ma  forse, se avessimo trovato il "rustico" hotel Le cascade saremmo stati piu' contenti. Registrazione alla reception, welcome con te' alla menta e cameriere che ci porta la zozzissima Maxia mentre l'altoparlante suona la marcia trionfale dall'overture della Gazza Ladra di Rossini. La vista dalla veranda della nostra stanza, affacciata sul villaggio berbero abbandonato, valeva la spesa. Molto meno la cena e il contorno chiassoso dei vacanzieri stile boldiedesica.

Di nuovo in citta': Kairouan
La vacanza si sta chiudendo. La mattina visitiamo Tamerza, facciamo un salto a Mides (bella, per quello che abbiamo visto da fuori) e quindi prendiamo la direzione nord est. Passiamo per sbaglio troppo a ridosso del confine algerino e vediamo spesso camionette dell'esercito e posti di blocco della polizia. Veniamo anche fermati da un poliziotto che maneggia significativamente una banconota da 10 dinari, ma ne usciamo indenni dopo che compare il suo superiore...
Ancora una volta con condizioni di luce spettacolari giungiamo a Sbeitla dove visitiamo le splendide rovine del sito romano (a chi piace il genere, un motivo sufficiente per andare in Tunisia!) e, ormai al buio, entriamo a Kairouan. Decente albergo (un trestelle dall'aria equivoca e poco pulito ma, tutto sommato e considerato quel che sta intorno, accettabile, anche perche' mi lasciano parcheggiare la moto nel loro cortile) e cena in un ristorantino poco lontano, frequentato solo da Italiani.

"Ultimo giorno di fiera!"
Il giorno dopo la visita del souk e dei monumenti di Kairouan e' disturbata dal continuo e assillante ronzare dei procacciatori d'affari, anche se alcune stradine laterali, prive di interesse per i turisti, permettono di rilassarsi un po'.
Torniamo a Tunisi in autostrada. Gli operai puliscono a mano uno per uno i catarifrangenti sui guardrail. Troviamo la citta' un po' piu' trafficata di come l'avevamo lasciata. Un procacciatore di dice che e' "l'ultimo giorno" della fiera dell'artigianato e non riusciamo a nascondere l'ilarita'. Comunque giriamo (be', "girare" e' una parola grossa; diciamo meglio "facendosi trascinare dalla corrente") per il souk e facciamo ora per partire alla volta del porto. Qui, con un po' di fortuna, percorriamo il percorso a ostacoli dell'espatrio con interminabile attesa del traghetto e ripetuti quanto inutili controlli di passaporto.


Note di viaggio

Un viaggio in Tunisia non richiede capacita' organizzative particolari.

La scelta della stagione e' soggettiva: basta evitare il periodo delle tempeste di sabbia (aprile-maggio) e va tutto bene. L'inverno e' mite, ma nel deserto, come ho detto altrove, il clima e' "desertico": di notte la temperatura precipita sempre. D'estate lascerei perdere...Dal punto di vista delle formalita' basta il passaporto in regola e che la moto sia intestata al guidatore. Assicurazioni integrative (tipo Europassistance) possono essere utili, dato che trovarsi in difficolta' e' piu' facile di quel che si possa credere...La rete stradale tunisina, per quello che abbiamo visto noi, e' decente, non certo peggiore di tante strade che si trovano in molti paesi europei, Italia compresa. Segnaletica efficace e indicazioni in francese sempre presenti. L'asfalto e' un mangiagomme di prima classe ed il rettilineo domina: non andate in Tunisia se cercate quelle belle curve raccordate che vi piacciono tanto! Quindi, se si parte con una moto stradale (c'e' sempre  comunque tanto da vedere senza lasciare l'asfalto) e' meglio attrezzarsi con delle gommacce dure.

Il comportamento dei Tunisini al volante, lontano dall'essere irreprensibile, mi e' sembrato nel complesso corretto per i nostri standard. Comunque, massima attenzione, soprattutto all'imbrunire.
Mai un problema con la popolazione: avrei piu' paura a lasciare la moto parcheggiata in centro in una qualunque citta' italiana che in molti dei posti dove l'ho lasciata in Tunisia. Mai avuto problemi con i bambini lanciasassi di cui si sente spesso parlare; spesso al nostro passaggio raccoglievano qualche cosa da terra, ma forse era un gesto scaramentico al passaggio di questi "diavoli rombanti"; per il resto, passare piano nei centri abitati e salutare quando capita: un sorriso apre tutte le porte!
L'unica seccatura possono essere i procacciatori di affari a Tunisi ed a Kairouan (mai, in ogni caso, essere sgarbati); a tal proposito suggerirei di lasciarsi la visita di queste due citta' alla fine, per non guastarsi da subito l'opinione che ci si puo' fare della gente del posto. Il discorso mance e compensi e' complicato: e' difficile scampare alle guide, ma ancora di piu' e' complicato rifiutare una mancia, soprattutto se consideri che quei dinari (a fine viaggio l'equivalente in euro di una cena in pizzeria) possono avere scaldato una casa o contribuito a cambiare un paio di scarpe.

Un enduro resta la moto ideale. Il Giessino si e' comportato piu' che bene: comodo, stabile, affidabile, caricabile e maltrattabile (almeno per i miei modesti standard). Insomma, in poche parole, un ottimo compagno di viaggio. Nel bagaglio, grasso per catene, due camere d'aria, una busta degli atttrezzi allargata ad un po' di materiali extra. Ho trascurato di portare con me un cavo frizione di riserva, ma ne avevo controllato le condizioni prima di partire (ma al prossimo giro non manchera' di certo!). Unica nota dolente, l'interfono che ha taciuto per tutto il tempo (tester e saldatore a stagno non ci stavano proprio!). La rottura del parafango posteriore la considero un pedaggio piu' che modesto, visto gli strapazzi sulle ondulazioni delle piste a 80-90 all'ora. Mi preoccupa invece che abbia ceduto la relativa staffa di fissaggio saldata al forcellone, cedimento che pare si riscontri con una certa frequenza.
La temutissima sabbia del deserto (dalla consistenza del borotalco) non sembra essere arrivata in punti critici come le estremita' dei cavi frizione e acceleratore ed altre simili parti. Le uniche modifiche approntate prima di partire sono state un portapacchi Givi, un manubrio in ergal, paramani seri e presa supplementare da 12 v (tipo accendisigari) per alimentare il gps.

A proposito di gps: utile ma non essenziale, dato che anche le piste che abbiamo percorso noi erano ben segnalate; faceva pero' piacere avere sott'occhio la distanza stimata dal punto d'arrivo. La mappa (edizione World Map Geo-Center comprata a Tunisi) si e' comportata egregiamente, anche migliore della De Agostini dimenticata a casa e, ad occhio, forse migliore della Michelin. La guida, una EDT vecchia di qualche anno, ci e' stata di una minima utilita' per gli alberghi ma, come sempre per le Lonely Planet, assolutamente deludente nella descrizione delle localita'. Ci e' stato di una discreta utilita' un articolo pubblicato da Mototurismo la scorsa estate, mentre un altro articolo piu' vecchio era assolutamente inutile.

Nel nostro bagaglio, una quantita' di biro, un pacchetto di sigari e dei cioccolatini da regalare al bisogno. Sempre qualche spicciolo in tasca per le mance.
Nessun problema di alloggio, sempre puliti, anche nei duestelle e, paradossalmente, abbiamo dormito peggio nei due quattrostelle dove ci e' capitato di sostare! Comunque, se si tornera' (come ci auguriamo!) sara' meglio essere attrezzati per il campeggio: il bivacco desertico chiama!
Il cibo e' buono, almeno fuori dagli alberghi.

Quanto alla spesa, per mangiare si puo' spendere tra i 4 e i 10 dinari a testa, mentre per dormire una doppia con prima colazione varia tra poco meno di 40 e i 190 dinari (quattrostellelusso). A proposito di costi, la super spb, sempre reperibile a distanze di scurezza tra un distributore e l'altro, e' a 770 millesimi di dinaro. Per la valuta, abbiamo prelevato agli sportelli bancomat e cambiato una sola volta in banca senza commissioni. Pare, ma noi non ne abbiamo avuto esperienza, che l'euro sia normalemente accettato, perfino come mancia.


_________________________________
(C) 2004, Stefano Olla ollars@motosardi.org